di Filiberto Menna in Catalogo Progetto Civitella d‘Agliano, 1989 |
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Bicchiere, 1975 |
La scultura recente rivela un marcato orientamento verso processi di riduzione linguistica intesa come atto preliminare per una impostazione più decisamente costruttiva dell'opera. Un orientamento verso il segno "meno" che ha caratterizzato in questi ultimi anni anche I'esperienza pittorica dopo la sovrabbondanza materica, pittorica, narrativa della pittura postmoderna. Ciò che conta, oggi, sia in scultura che in pittura, è l'esigenza di raffreddare i procedimenti artistici, svincolando i segni dalle richieste della espressività immediata, della narrazione, come pure della citazione e della memoria storica. Segni vuoti, dunque, valenze libere, con cui l'artista può porre la questione della costruzione dell'opera su basi completamente nuove. L'opera di Ettore Consolazione si iscrive appunto in questa fase di cambiamento passando da un procedimento in cui i segni della scultura vengono impiegati come attrezzi scenici ed esibiti come protagonisti di una sorta di teatro della scultura, dove dominano aspetti fabulatori, di racconto, di definizione persino grottesca dei personaggi, a un procedimento più costruttivo dove il fattore dominante è dato da una intenzionalità progettuale orientata verso la realizzazione dell'opera come una macchina complessa, come un congegno meccanico. L'elemento spettacolare non viene meno neppure ora: anzi nel loro insieme queste opere recenti di Consolazione, di impianto sicuramente più costruttivo, sembrano costituire una complessa machinerie scenica, in cui ciascun elemento contribuisce, con la sua particolare configurazione, alla messa in opera di uno spazio scenico, ancora una volta di un teatro della scultura. Ma questa volta i protagonisti non sono gli eroi di un romanzo cavalleresco che affrontano la conquista di un castello; ora ciascun'opera si presenta come un nero congegno, strutturalmente aggressivo, come una macchina di guerra. |
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Sonoro ‘78 |
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